Un nuovo concetto di community attorno ad un brand

LE RISPOSTE ALLE DOMANDE SUL MONDO DEL FASHION CHE TUTTI MI STATE FACENDO

Com’è cambiato proceduralmente il tuo lavoro?

Il mio lavoro si è modificato nella misura in cui la fase preparatoria e creativa dei lookbook, elemento primario nella comunicazione delle collezioni delle case di moda, si è completamente spostata in avanti. Attualmente, al netto dei rinvii e dei congelamenti dei processi, siamo in ritardo di quasi due mesi.

Stai maturando delle soluzioni alternative in questo periodo?

Sì, sto molto riflettendo su un modo del tutto nuovo di procedere. Un modo più pratico e un approccio più pragmatico alla creatività che permetta di andare a segno senza sbandamenti e senza altri ritardi.
Insomma, in questo periodo sto alacremente studiando un valido sistema innovativo per imbastire un nuovo tipo di comunicazione delle nuove collezioni, mediante una interazione più profonda ed efficace con il mercato, i clienti, le aziende, i negozi e i rivenditori. Servendomi delle performanti tecnologie del web sto provando a testare umori, aspettative e nuove abitudini dei consumatori finali.
Credo che sia un nuovo approccio di successo.

Quale sarebbe l’effetto più immediato sul settore di questo nuovo approccio?

Che la moda non sarebbe più esclusivamente una scommessa fondata sull’istinto e sul talento dello stilista. Piuttosto un complesso meccanismo basato su una operazione guidata. Guidata da che cosa? Dalle spinte sociali delle persone. Dalle loro richieste reali.

Quali vantaggi sono possibili?

1) La crescita del fatturato;
2) Aumento del bacino di clienti;
3) La creazione di un prodotto più efficace e dunque migliore.

Ipotesi sulle nuove tendenze post Covid-19?

Dunque, la prima grande tendenza sarà dal punto di vista concettuale. Nel senso che ci sarà una forte spinta al fast-fashion rispetto al cosiddetto settore del lusso. Prevedo una vera e propria pioggia di nuovi prodotti. Le case di moda usciranno con proposte rapide a prezzi mediamente bassi.
Ma ci sarà, d’altro canto, un’altra fetta di persone che pretenderanno capi di pregio e che siano durevoli, anche solo per restare in casa. L’isolamento domiciliare forzato ha modificato anche la pulsione verso il modo di vestirsi che adesso è diventato un’autentica espressione della personalità delle persone, al di là dei luoghi in cui ci si reca.
Le persone vogliono capi che sentono di poter portare per anni.

Dunque il fast-fashion supererà il mercato del lusso?

Piuttosto credo che convivranno. Peraltro, adesso le case di moda hanno spinto sempre più il concetto di lusso verso un pubblico molto più giovane.

Esiste ancora il lusso?

A me piace dire che esiste il “ben fatto”. Il sartoriale. Amo il discorso di Armani sul lusso necessario, ovvero su un un tipo di lusso ponderato. Adesso, purtroppo, data la compressione dei tempi, abbiamo tutto il tempo di pensare a cosa ci serve, anche se si tratta di cose superflue.

Qual è la conseguenza della compressione dei tempi attuale, secondo te?

Un’ansia del fashion che sfocia in una deleteria iper produzione. Da questa iper produzione non ci guadagnano di certo i produttori della moda che si sentono vessati da una richiesta flash, da input momentanei, effimeri, senza profondità.

Che tipo di scenari ipotizzi per il mondo del fashion dopo questo momento?

Ipotizzo un’attenzione più consapevole al proprio modo di vestire, soprattutto in casa. Ampia strada a tute e capi morbidi. Ma attenzione: non si tratta di cadere in una sciatteria casalinga.
Inoltre, ipotizzo che le grandi case moda si muoveranno con look creativi fondati su abbinamenti necessari ed eleganti con le mascherine obbligatorie.
Da questo punto di vista, la soluzione per le piccole e medie imprese è quella di puntare sul branding aziendale. Solo questo può determinare la solidità e la crescita dell’azienda.

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