Il monito dei fotografi alle aziende: aiutateci ad aiutarvi

Il mio lavoro ai tempi del Covid-19, il concetto di limitless, l’esordio di una nuova energia imprenditoriale, e la fiducia necessaria da parte delle aziende per non essere dimenticate: ecco la mia intervista.

In un periodo purtroppo sfavorevole per alcuni settori lavorativi, la tua professione è annoverata nella lista dei servizi essenziali e dunque tra le attività autorizzate a svolgere il proprio operato. Che cosa ne pensi?

In un momento in cui le relazioni umane e sociali si svolgono prettamente a distanza, la fotografia e chi la produce assumono il ruolo di messaggeri, a guisa di Ermes, l’araldo degli Dei. Noi siamo gli unici veicoli che permettono di mantenere saldo il nucleo fondativo delle relazioni interpersonali.

Parliamoci chiaro. Niente più sfilate, niente pubblico, niente fiere. Sono caduti i baluardi del fashion marketing. La moda si ferma?

La moda non si ferma. La moda si mette un vestito nuovo, alternativo. Che può starle meglio di quello tradizionale.

In che senso?
Nel senso che le nuove soluzioni sperimentate o da sperimentare in questo particolare periodo possono celare, per l’argomento moda, degli inaspettati vantaggi economici.
La nostra vita online si è incrementata molto dal momento che quella reale ha subito un fortissimo stop. La misura della diffusione di contenuti si è dilatata a dismisura. Il bacino mediatico del pubblico è diventato ampissimo, pressoché illimitato. Ecco qual è la parola chiave in questo periodo. Limitless. Assenza di limiti. Viviamo, ormai, in un mondo senza confini. E lo stiamo vedendo chiaramente. L’epidemia, purtroppo, non ha trovato ostacoli sulla sua strada. E allo stesso modo i messaggi non hanno barriere. Di fatto, il virus ha accelerato un processo sociale già in corso. Sta alle aziende comprenderlo.

Credi che non l’abbiano ancora capito?
Credo di no. Chi, in questo periodo, potrebbe realizzare il più smart dei servizi mediatici? Chi può assumere il ruolo di messaggero? Chi ha il compito di veicolare le immagini? Noi. I fotografi. Siamo qua. Siamo al servizio delle aziende. Noi, soltanto noi, possiamo fare la differenza. Alle aziende grido con forza: aiutateci ad aiutarvi.

Che cosa manca ad alcune aziende, secondo te?
La fiducia. Non che manchi. Ma deve essere rielaborata. Secondo nuovi schemi e parametri.
Se le aziende vogliono continuare ad avere successo, questo è il momento di avere fiducia. In chi? In noi. Le aziende devono affidarsi completamente a chi sa comunicare, a chi ha gli strumenti, a chi maneggia le immagini, chi costruisce i messaggi, chi sa giocare con le parole, chi sa far vedere le cose da lontano.
I fotografi, oggi, sono essenziali. Necessari. Perché è necessario far circolare immagini, comunicare con la fotografia.
E invece le aziende hanno ancora un livello di consapevolezza assai basso.

E questo cosa comporta?
Che non riescono ad afferrare i reali inestimabili vantaggi del parlare con chi sa fare la comunicazione. Perché c’è ancora troppa poca fiducia. La fiducia è l’energia che muove le cose. Il denaro è solo un paravento. Noi fotografi siamo le persone più strettamente necessarie in questo periodo, per le piccole, media e grandi imprese grazie alla nostra capacità, alla nostra esperienza e al nostro talento nel diffondere immagini.

Come le vedi le aziende in questo periodo?
Come delle magnifiche automobili di Formula 1 con il serbatoio pieno, ma che restano ostinatamente spente. Senza strade da percorrere. E invece la comunicazione è la pista. È qui che si fa la gara.
Le aziende che sono capaci di mettersi in gioco vinceranno questa sfida. Le altre saranno presto dimenticate.

Credi che dopo questa bufera torneremo alla vita di prima?
Dal punto di vista della moda e della comunicazione e del marketing, onestamente, ne dubito. Non so se ritorneremo ai processi tradizionali. Stiamo sperimentando delle modalità sorprendentemente vantaggiose che stanno creando una nuova energia imprenditoriale. Non credo che butteremo via quanto stiamo faticosamente imparando sulla nostra pelle, a nostre spese.

Dal punto di vista pratico com’è cambiato il tuo lavoro?
Direi poco. Il mio è un luogo di lavoro già sufficientemente sicuro, che non richiede di certo assembramenti, visto che non è aperto al pubblico. In questo periodo lavoro con pochissime persone in studio, ben distanziate, che indossano mascherine, occhiali, guanti e calzari. Ho messo a disposizione disinfettanti e possiedo un dermosensore che mi consente di misurare la temperatura corporea a distanza. Cerco di collaborare con modelle che sanno truccarsi da sole. Ci siamo attrezzati anche dal punto di vista dello smartworking. Impaginazione, scrittura testi, inserimento codici, ritocchi. Li facciamo tutti seguendo i parametri del lavoro agile da casa.

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